Nella sua esperienza Fukuoka cercò di dimostrare la validità di cinque punti
principali:
- niente aratura
- niente fertilizzanti
- niente pesticidi
- niente sarchiatura
- niente potatura.
Per lo scienziato, persuaso che la natura possa essere
compresa e usata attraverso la conoscenza e le azioni umane, l’agricoltura
naturale è un caso isolato, privo di universalità;eppure questi principi fondamentali
possono essere applicati ovunque.
Gli alberi e le piante producono semi che cadono sul
terreno, pronti per germogliare e diventare nuove piante. I semi piantati in
natura non sono così deboli da poter crescere esclusivamente in campi arati.
(anzi in campi lavorati nel modo classico, senza apporto di fertilizzanti e sostanza organica stentano
nel ciclo colturale successivo se non si interviene, con input dall’esterno, come ho potuto notare nella mia breve
esperienza - n.d.r).
Da sempre le piante crescono per semina diretta, senza
aratura. Il terreno dei campi viene lavorato da piccoli animali e delle radici,
e arricchito dalle piante da sovescio.
Solo da cinquant’anni (il
libro da cui è tratto il brano è del 1992) a questa parte i
fertilizzanti sono stati ritenuti indispensabili.
È vero che l’antica consuetudine di utilizzare letame e
miscele organiche aiuta effettivamente ad accelerare la crescita del raccolto,
ma ciò impoverisce la terra da cui viene prelevato il materiale organico del
composto.
Perfino la coltivazione organica (o biologica, n.d.r) , è
soltanto un genere diverso di agricoltura scientifica. Il materiale organico
dev’essere trasportato da una parte all’altra, deve subire processi e
trattamenti chimici.
Sebbene siano migliaia le malattie che colpiscono le piante
nei campi e nelle foreste, la natura riesce sempre a mantenere l’equilibrio. E
non ha mai avuto bisogno di pesticidi!
L’uomo è
rimasto sconcertato quando ha scoperto che queste malattie sono provocate dagli
insetti; egli si è procurato con le proprie mani la necessità di tanta fatica e
di tribolazione.
L’uomo si sofrza anche di eliminare le erbacce, mentre la
natura non classifica arbitrariamente una pianta come “erbaccia” per poi
tentare di sdradicarla.
Né tantomeno un albero da frutto, se viene potato, cresce
più vigorosamente e produce più frutti.
Un albero cresce meglio nel suo habitat naturale, i rami
non si intrecciano tra di loro, la luce del sole raggiunge ogni foglia e
l’albero fruttifica abbondandemente ogni anno invece che ad anni alterni
(l’alternanza di produzione infatti deriva anche da cause fisiologiche).
Oggi molta gente si preoccupa per la desertificazione di
aree coltivabili e per la diminuzione della vegetazione del nostro mondo, ma
non c’è dubbio che la civiltà umana, e gli errati metodi di coltivazione dei
raccolti, generati dalla presunzione umana, sono i principali responsabili di
questa piaga che affligge tutto il pianeta.
L’eccessivo sfruttamento dei pascoli da parte di mandrie di
animali appartenenti a popolazioni nomadi ha spogliato la terra, riducendo la
varietà di specie vegetali.
Anche le comunità agricole, dopo essere passate
all’agricoltura moderna ed essersi affidate completamente ai prodotti chimici,
si trovano a dover affrontare il problema del rapido impoverimento del terreno
(ad esempio, si pensi ai danni
della monocoltura nella Pianura Padana, con l’accumulo di atrazina nel suolo
che ha causato l’avvelenamento delle falde freatiche - n.d.r ) .
La difficoltà che l’agricoltura naturale incontra
nell’ottenere generali consensi dimostra proprio come la natura sia stata
mortalmente intaccata dalle interferenze umane.
Fonte: “la fattoria biologica” , Masanobu Fukuoka.
Mediterranee editore.
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