venerdì 2 marzo 2012

Cavolfiore (Brassica oleraceae L. var. botrytis L.)


Cos’è

La famiglia Brassicaceae, meglio nota col nome classico ma non più valido di Cruciferae, comprende diverse migliaia di specie, quasi sempre erbacee o raramente arbustive, diffuse soprattutto nelle regioni a clima temperato o freddo. Il loro habitat è molto spesso rappresentato da ambienti primitivi (sabbie marine, depositi fluviali, macereti, rupi ecc.), popolati da vegetazioni pioniere. Questa ecologia rende molte crucifere preadattate a vivere in ambienti fortemente antropizzati come gli incolti e i coltivi, dove spesso si comportano da infestanti, o ad essere a loro volta coltivate come specie alimentari a ciclo annuale o biennale. 

Il gruppo di Brassica oleracea L. comprende numerose varietà coltivate, a loro volta raggruppate in convarietà. L’origine del cavolfiore è piuttosto incerta. la convar. botrytis, cui appartengono broccoli e cavolfiori, presenta notevoli punti di contatto con Brassica cretica tanto da essere considerata derivata da questa specie anziché da B. oleracea (Sauer, 1993; Heywood, Akeroyd, 1993). Il nome deriva dal latino caulis (fusto, cavolo) e floris (fiore).
L'utilizzazione e la coltura dei cavoli iniziarono in più punti indipendenti del bacino del Mediterraneo e delle coste atlantiche dell'Europa, almeno fin dall'inizio del periodo classico. Un importante centro di selezione fu sicuramente la Gallia, terra d'origine di B. oleracea subsp. oleracea.
La selezione delle odierne varietà consistette soprattutto nel fissare alcuni caratteri interpretabili come mostruosità o malformazioni ereditarie: dall'ingrossamento del fusto o dei rami dell'infiorescenza, all'arricciamento o alla bollosità delle foglie, al raccorciamento degli internodi o degli assi dell'infiorescenza, in costante associazione con la riduzione del ciclo vegetativo da perenne a biennale o addirittura annuale (Pignatti, 1982).
Nonostante gli elogi, talvolta sperticati, degli Autori latini, i cavoli e in particolare i broccoli vennero a lungo considerati un cibo per i poveri. E' probabilmente questo il motivo per il quale sono scarsissime le notizie che li riguardano, nonostante fossero sicuramente più diffusi in passato che non oggi.
E' comunque solo dopo il 1600 che le cultivar di Brassica oleracea divennero facilmente riconoscibili nella letteratura botanica, agronomica e soprattutto culinaria. Esse comprendevano i cavoli cappucci, le verze, i cavoli-rapa, forse i cavolini di Bruxelles, i cavolfiori e, finalmente, i broccoli.
Il loro successo derivava anche da un ottimale inserimento nei normali cicli produttivi di numerose aziende come coltura intercalare, in successione ai cereali autunno-vernini o dopo colture foraggere od orticole, come la patata e la cipolla.
I cavoli rappresentavano inoltre, per le famiglie contadine, una integrazione alimentare preziosa, sia per la stagione invernale di maturazione che per la ricchezza in vitamine e oligoelementi. Prime tra le verdure a comparire nell'annuale ciclo alimentare, in certi casi potevano essere proficuamente conservati (crauti) e utilizzati con profitto per prevenire malattie da ipovitaminosi.

Il genere Brassica L. comprende circa 35 specie distribuite in Europa, Asia e Africa. Alcune vengono consumate come ortaggi, solitamente cotte in modo da
limitare l'attività di alcuni composti tossici (principalmente glucosidi) (Sauer, 1993). Fleming) Hanelt) e giapponese (Brassica rapa subsp. nipposinica (L. H. Bailey) Hanelt).
La pianta possiede una radice fittonante non molto profonda. Sul fusto eretto, lungo 15-50 cm, sono inserite 20-60 foglie, quelle più esterne, lunghe 50-90 cm e larghe 25-45 cm, di colore verde più o meno intenso a volte tendenti al grigio, pruinose; quelle più interne spesso ricoprono completamente la parte edule. Quest’ultima viene denominata pomo, cespo, capolino, fiore, testa, ecc.
La parola corimbo è quella più generalmente adottata in considerazione del fatto che la sezione della porzione edule nella sua morfologia spesso ha una notevole rassomiglianza ad una infiorescenza a corimbo.Questo può assumere forme molto diverse.
La sua formazione avviene mediante cambiamenti nell’assetto della pianta:
  1. l’accrescimento delle foglie viene rallentato
  2. tutte le gemme laterali si allungano, formano peduncoli che si ingrossano, diventano tozzi, con internodi accorciati, teneri per l’assenza di sclerenchima e di vasi legnosi.
La superficie superiore convessa del corimbo è formata da un elevatissimo numero (alcuni milioni) di meristemi apicali.
Le cultivar si distinguono in base alla necessità o meno di freddo per la formazione del corimbo. Ambedue le classi di cultivar però devono aver superato lo stadio giovanile altrimenti, pur se sottoposte all’azionde del freddo, non iniziano la formazione delle strutture fiorali.
La superficie superiore del corimbo è normalmente convessa, ma può essere anche conica; in alcune varietà, per effetto dell’allungamento dei peduncoli dei fioretti (particolarmente di 1° ordine) e dello sviluppo delle brattee, la superficie assume un aspetto tipico a piccoli coni (“lumachelle”).
La colorazione può essere variabile: dal bianco-niveo al giallo al verde al violaceo.
I cavolfiori richiesti dal mercato, sono essenzialmente a superficie convessa e di colorazione bianco-nivea.
Al secondo anno, dopo l’inverno (o in autunno nelle cultivar più precoci che hanno comportamento annuale), le ramificazioni del corimbo si allungano e formano l’infiorescenza vera e propria, a racemo, alta 1-1.5 m, ramificata, con fiori a petali gialli con 4 petali, 4 sepali, 6 stami e ovario infero.
La fioritura inizia in aprile-maggio e si protrae per 30-40 giorni; la fecondazione è prevalentemente allogama e l’impollinazione entomofila.
L’infiorescenza vera e propria è a racemo e proviene dall’allungamento dei peduncoli carnosi del corimbo. Tali peduncoli allungandosi si ramificano ripetutamente. I fiori delle prime ramificazioni abortiscono (oltre il 90%) e sono fertili solo quelli della ramificazione del quarto-ottavo ordine in poi. I fiori sono di colore giallo e caratteristici delle crucifere. Una pianta può produrre da poche centinaia fino ad oltre 8.000 fiori. I frutti sono silique.

La temperatura minima di germinazione è intorno ai 6° C, l’ottimale intorno a 25°C per cui, considerando che le semine in vivaio per la produzione delle piantine per il trapianto avvengono nei mesi estivi, si hanno germinazioni ed emergenze molto rapide (2-4 giorni).
Per la crescita vegetativa (fase giovanile), la temperatura base (zero di vegetazione) è intorno ai 6°C con valori ottimali di 18-22°C: quanto più è lunga questa fase, tanto più tardiva è la cultivar e tanto fornisce le produzioni in zone con clima fresco e umido.
Tra i fattori climatici perciò la temperatura gioca un ruolo molto importante, sia durante la fase di transizione da vegetativa a riproduttiva che prima e dopo di essa. Per le cultivar precoci la temperatura ottimale per la formazione dei corimbi è di circa 17°C. con temperature superiori a 20°C il passaggio alla fase generativa è ritardato e la qualità dei corimbi diviene scadente.
Se è iniziata la fase riproduttiva e si verificano temperature superiori ai 20 °C ci può essere un ritorno alla fase vegetativa, che comporta un accrescimento rapido delle brattee interne del corimbo, che appaiono al di sopra del corimbo stesso, deprezzandole (virescenza o frondescenza).
Se la pianta ha formato 6-8 foglioline e viene sottoposta a temperatura bassa si possono avere piante “cieche”, cioè senza infiorescenza.
Il cavolfiore richiede terreni di medio impasto per fornire le migliori produzioni. È una pianta mediamente resistente alla salinità e preferisce un pH di 6,0-6,8.  
Si adatta a diversi tipi di terreno ma le migliori produzioni si ottengono in quelli di
medio-impasto, profondi, freschi, fertili, ricchi di sostanza organica, con buona capacità di ritenzione idrica ma senza ristagni; il pH deve essere superiore a 6.8, al fine di ridurre i rischi d’attacchi dell’ernia del cavolo (Plasmodiophora brassicae) e le carenze di molibdeno, e inferiore a 7.5, per evitare altre carenze di oligo-elementi (particolarmente manganese e boro). E’ mediamente sensibile alla salinità: fino ad una conducibilità elettrica dell’estratto di saturazione del terreno (ECe) di 2.8 mS/cm non risente effetti negativi.
Tradizionalmente la preparazione dei terreni di medio-impasto o tendenzialmente argillosi prevede, dopo la raccolta del cereale vernino che costituisce la precessione più frequente, la trinciatura della paglia e un’aratura alla profondità di circa 0.40 m; durante questa lavorazione principale può essere interrato il letame, se disponibile. La zollosità grossolana lasciata dall’aratura è ridotta con successive erpicature via via più leggere al fine di non rovinare lo strato strutturato superficiale.
Tenendo conto che la coltura è normalmente trapiantata, una leggera zollosità è ininfluente se non addirittura preferita.

Ciclo biologico

È considerata una coltura intercalare (specialmente se si tratta di cv. precoci); molto spesso perciò segue il grano, ma anche altri ortaggi quali fava, pisello, carota, lattuga, patata, primaticcia, erbaio primaverile-estivo. È da evitare la monosuccessione, specie se non vengono eliminati i residui della vegetazione, maggiormente se colpita da malattie.
Nelle aziende orticole specializzate può seguire anche altri ortaggi quali fava, pisello, carota, lattuga, patata primaticcia o un erbaio primaverile estivo.
Il cavolfiore non dovrebbe mai seguire se stesso o un’altra crocifera e dovrebbe ritornare sullo stesso appezzamento dopo almeno 3 anni.
Anche se la semina diretta fornisce ottimi risultati, in Italia per impiantare la coltura si fa ricorso ancora largamente al trapianto. 
Da 1 m2  di semenzaio si ottengono 200-300 piantine, perciò per coprire un ettaro è necessario preparare circa 150 m2 di semenzaio ed occorrono circa 300 gr di seme di ottima germinabilità. 
Se si ricorre alla semina diretta si deve almeno decuplicare tale quantità.
Il trapianto può avvenire da Aprile a Novembre in base alla tipologia, e alla zona di coltivazione, utilizzando piantine allo stadio di 5 - 6 foglie.
Le distanze sono in funzione delle dimensioni che le piante raggiungono a maturità, variano da 60 a 100 cm tra le file e 50-80 cm sulla fila, con un numero di piante variabile da 12.000 a circa 30.000/ha.
Il cavolfiore è la specie più esigente del genere Brassica. Poiché possiede un considerevole ritmo di accrescimento, (superficie fogliare estesa e un forte potere di assorbimento), necessita di una buona dotazione di elementi nutritivi, in particolare azoto e potassio, caratterizzati da una pronta assimilabilità.
Il cavolfiore per tutta la durata del ciclo colturale richiede una costante umidità del terreno. Pertanto in tutte le colture estivo-autunnali il ricorso all’irrigazione diviene una necessità.
Il periodo di raccolta è molto lungo. Inizia ad ottobre con le cultivar precoci e termina a maggio con  quelle molto tardive. Il ciclo colturale può durare perciò da 70 ad oltre 200m giorni. 

 

Cultivar e miglioramento genetico

La scelta della cultivar è uno dei punti cruciali per la buona riuscita della coltura dovendo soddisfare le esigenze di coltivazione e quelle di mercato.
alternaria); 
In commercio sono disponibili varietà ottenute da vecchie popolazioni locali, altre per libera impollinazione (comunemente dette varieta standard) e ibridi F1
Gli ibridi presentano una maggiore potenzialità produttiva sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, una maggiore uniformità morfo-biologica, una maggiore resistenza alle malattie, ma,
ovviamente, presentano dei costi della semente più elevati (indicativamente un seme di un ibrido costa circa 3 volte quello di una varietà standard). Tranne casi limitati e particolari, la semente ibrida è quella impiegata e consigliata.
Le cultivar oggi in commercio in Italia sono numerosissime ed affiancano le popolazioni locali che in alcune regioni sono ancora utilizzate in modo prevalente.
Tali popolazioni hanno spesso corimbi con formazioni a lumachelle pronunciatissime, colori chye vanno dal bianco al giallo, al viola scuro che, pur se apprezzate dai mercati locali, non sono idonee all’esportazione.
Tra le cultivar maggiormente impiegate troviamo:
  • Gigante di Napoli (dicembre – aprile: Natalino, Gennarese, Marzatico, Aprilatico)
  • Tardiva di Fano
  • Snowball
  • Precoce di Jesi
  • Broccolo Fiolàro
  • Cavolo broccolato
  • Cavolo "gaggetta"
  • Cavolo "pisano" (a rischio di estinzione)
  • Il “mùgnulu” è una Brassicacea tipica del Salento, simile ai comuni cavoli broccoli verdi detti comunemente broccoli verdi (Brassica oleracea var.  botrytis virescens L. )
  • Cavolo "lombardo
  • Broccolo di Bassano
  • Cavolo broccolo "lavagnino"
  • Il cavolfiore di Moncalieri ("Prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Piemonte", ai sensi dell'art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173.

A cosa serve

I cavolfiori (Brassica oleracea var. botrytis capitata) rientrano nel gruppo dei cosiddetti functional foods, cioè quegli alimenti che consumati normalmente  nella dieta hanno effetti positivi su una o più specifiche funzioni dell’organismo.
Numerosi sono gli studi sulla loro efficacia contro il cancro alla prostata ed al colon, e recentemente sono state evidenziate anche azioni di prevenzione nei confronti del cancro ai polmoni. Svolgono un’azione di protezione anche nei confronti dei raffreddori, stimolano il funzionamento della tiroide e sono ottimi disinfettanti e regolatori intestinali.
Tali azioni sono da attribuire agli elevati contenuti di vitamina C, vitamina A, sali minerali ed alla presenza di antociani, carotenoidi e glucosinolati contenuti in quantità maggiori soprattutto nelle tipologie a corimbo pigmentato (il corimbo è l’infiorescenza ancora immatura e rappresenta la parte che noi mangiamo).
Inoltre, contiene diversi composti solforati che producono il caratteristico odore durante la cottura e causano qualche difficoltà di digestione ma, come altre crocifere (cavolo broccolo in particolare), presenta dei composti che sembrano svolgere un’azione antitumorale.
Viene utilizzato sia allo stato fresco che surgelato, disidratato, sott’aceto.

Dove si coltiva

 

Il cavolfiore, tra le orticole appartenenti alla famiglia botanica delle Crocifere, è la specie più coltivata in Italia: si stimano circa 25.000 ha con una produzione di circa 500.000 t. L’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Francia anche se tale classifica è invertita secondo le annate.
Dall’Italia parte un consistente flusso di esportazioni (da 60.000 a 100.000 t anno), particolarmente durante i mesi invernali, diretto verso la Germania (35-40%), Paesi Bassi (15-20%) e Francia (12%); le importazioni sono modeste. Le produzioni nel nostro paese si localizzano prevalentemente in Campania (40% circa), Sicilia (10%), Lazio (10%), Marche (8%), Puglia (6%) e Abruzzo (6%). In Umbria si stima siano coltivati circa 300 ha di cavolfiore, prevalentemente a ciclo precoce (raccolta da ottobre a dicembre).
La coltura, diffusa in quasi tutte le regioni italiane, assume particolare importanza in Campania, Lazio, Abruzzo, Marche e Sicilia. La superficie attualmente investita nell'isola è circa 2,500 ettari ed è localizzata principalmente nelle province di Ragusa, Palermo e Messina.
La produzione siciliana è in larga misura diretta al consumo locale, in quanto gli ecotipi utilizzati, con corimbi colorati, sono richiesti ed apprezzati soltanto nei mercati locali.

Raccolta e resa
Il cavolfiore è stato una delle prime colture orticole la cui commercializzazione è stata
regolamentata a livello comunitario (Reg. CEE n. 23 del 1962), come riportato di seguito.  
I corimbi si raccolgono quando sono compatti, comunque prima che i singoli fioretti o cimette che compongono il corimbo inizino a discostarsi. La durata del periodo di raccolta è funzione della cultivar, della temperatura e delle esigenze di mercato. La maturazione non avviene contemporaneamente, per cui sono necessarie 3-6 raccolte.
Le dimensioni variano notevolmente; in alcune vecchie cultivar e popolazionio locali si superavano anche i 30 cm di diametro ed il peso di 3-5 kg.
Nelle cultivar oggi normalmente adoperate il peso medio della raccolta commerciale dei corimbi defogliati difficilmente supera i 1.500 gr. In genere le cultivar tardive producono corimbi più grossi.
Il taglio dei corimbi si può effettuare con o senza foglie. Dopo il taglio è importante evitare l’esposizione dei corimbi alla radiazione solare per evitare la comparsa di colori indesiderati.
La produzione di corimbi defogliati dipende dalle dimensioni che raggiungono i corimbi, può variare da 100 ad oltre 400 q/ha.
Per la commercializzazione vengono preparati in maniera diversa a seconda dei mercati.
Il cavolfiore è un prodotto facilmente deperibile a causa della più o meno intensa attività respiratoria che provoca un rapido appassimento del prodotto.
I cavolfiori autunnali hanno necessità di essere pre-refrigerati (quelli tardivi in genere non ne hanno necessità) con acqua fredda (hydro-cooling) e/o con il vuoto (hydro-vacuum-cooling) per portarli ad una temperatura di circa 5°C, per poi conservarli in cella frigorifera ventilata in presenza di alta umidità relativa (> 95%). La ventilazione è importante perché allontana la CO2 che, comunque, si produce con la respirazione e che determina un peggioramento del prodotto, evidente solo dopo la cottura (con il 10% di CO2 i corimbi diventano di colore grigio, molli ed emettono odore sgradevole). I tempi di conservazione in cella frigorifera, ovviamente, sono in funzione della temperatura.
I corimbi hanno una debole intensità respiratoria. Si può ricorrere alla conservazione a temperatura di 0°C  e 90-95 % di umidità relativa si conserva bene per 15-30 giorni; a 5 °C  per 11 giorni ed a 10°C solo una settimana. I corimbi raccolti a giusta maturazione, defogliati e senza torsolo o stelo si conservano più a lungo. 

 

Avversità


Tra i parassiti che colpiscono il cavolfiore oltre alla peronospora, ernia, alternaria ed i marciumi delle piantine, si presenta molto dannosa una tracheobatteriosi dovuta a Xanthomonas campestris. Sulle foglie si presentano aree ingiallite di forma irregolare, specie sulla porzione mediana della foglia, successivamente si disseccano e si lacerano. In sezione, sia i piccioli che i fusti al di sopra del colletto, mostrano un annerimento parziale o totale.
Le cultivar precoci sembrano più suscettibili. Esistono cultivar resistenti. L’insetto più dannoso è senza dubbio la cavolaia, le cui larve divorano in breve tempo le foglie. Fra gli altri insetti che arrecano danni al cavolfiore citiamo: la cimice, la mamestra, gli afidi e gli insetti terricoli. In alcuni anni in Puglia e Sicilia si assiste a danni notevoli provocati dal punteruolo maggiore (Rhytidores plicatus). Sono dannosi gli adulti che rodono le foglie e le larve che si nutrono delle radici, che possono essere completamente distrutte.
Inoltre vengono segnalati danni da nematodi, chiocciole e roditori.
Fra le alterazioni si deve ricordare la peluria, che consiste in un precoce passaggio dei meristemi apicali del corimbo in strutture fiorali. Esistono notevoli differenze tra le cultivar e viene attribuita a temperature elevate, accrescimento rapido, eccesso di azoto ed elevata umidità dell’aria.
La “bottonatura”, che consiste in un prematuro passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva e influisce sull’accrescimento delle piante, che rimangono più piccole, compreso il corimbo che non risulta commerciabile.
Questo fenomeno è fortemente influenzato dalle condizioni in cui viene allevata la pianta, ne favoriscono la formazione il trapianto con piantine di grosse dimensioni, temperature basse ed ambiente umido o molto secco, cattive condizioni del terreno compresa la salinità, scarsezza di azoto, presenza di un numero eccessivo di malerbe.
Cavità dell’asse centrale del corimbo: si verifica soprattutto su cultivar vigorose e con elevate disponibilità di azoto che favoriscono un accrescimento rapido.
Imbrunimento a chiazze del corimbo: sono favorite da stress idrici che provocano un richiamo di acqua dal corimbo (formazione di zone traslucide) e da successiva elevata umidità che ne determina la marcescenza. Possono essere anche sintomi di danni da freddo.
Laciniatura delle foglie: la lamina fogliare è molto ridotta con arresto della crescita della pianta e formazione di corimbi di piccole dimensione. E’ causata da carenze di molibdeno.
Germogli ascellari: la loro presenza anormale va a scapito della crescita equilibrata della pianta e della testa che rimane piccola. La loro formazione è favorita da alte temperature in autunno, elevata disponibilità di azoto e di acqua. Esiste una diversa sensibilità delle cultivar.
Fitoplasmosi di Brassicacea (Brassica spp.) - In Italia sono state riportate infezioni su cavolfiore (Brassica oleracea var. botrytis, cavolo broccolo (B. oleracea var.italica), cavolo di Bruxelles (B. oleracea var. gemmifera), cavolo cappuccio (B. oleracea var. capitata), kale (B. oleracea var. palmifolia), navone (B. rapa var. rapifera); questo, sia in coltivazioni per consumo fresco, per conservazione industriale e per produzione di seme. I sintomi consistono in accorciamenti degli internodi e nanismo. Nelle piante da seme si hanno anche accentuate proliferazioni di germogli da gemme ascellari e infiorescenze con dimensioni ridotte e con fenomeni di fillodia (con produzione di foglie piccole e clorotiche) e di virescenza (Bertaccini et al., 1983).

Difesa biologica


La capacità che l’agricoltura biologica ha di far fronte alle avversità di ordine fitosanitario, non risiede tanto nel possedere rimedi infallibili per i singoli problemi, quanto nel fornire al sistema la possibilità di autoequilibrarsi sfruttando le sue capacità omeostatiche.
La predisposizione di condizioni di miglior rispetto degli equilibri naturali del terreno, seguite nelle pratiche di coltivazione dell’agricoltura biologica, costituisce la fase preliminare e preventiva nella difesa delle colture dagli agenti nocivi sia di natura biotica che abiotica.
Infatti coltivare un ecotipo locale, più adatto per selezione ad affrontare le condizioni di vita determinate dal suolo e dal clima, seguire la metodologia dell’apporto di sostanza organica nella fertilizzazione e le altre tecniche colturali, contribuisce a costituire una prima serie di condizioni che tendono naturalmente a rendere la pianta
coltivata meno suscettibile alle infezioni e ai danni degli agenti nocivi.
Il materiale di propagazione deve essere necessariamente sano, cioè privo di agenti patogeni e di insetti. Sarà pertanto opportuno impiegare materiale certificato (sempre proveniente da agricoltura biologica).
In certi casi è possibile ridurre la popolazione di malattie e di insetti fitofagi distruggendo tempestivamente residui colturali nei quali questi svernano.
Le sistemazioni idrauliche, evitando ristagni idrici, riducono l’incidenza di diverse fitopatie e lo sviluppo di alcuni insetti terricoli sia diminuendone la virulenza sia aumentando il vigore e, quindi la resistenza delle piante coltivate.
Una concimazione completa ed equilibrata è come regola generale favorevole in quanto piante ben nutrite e vigorose resistono meglio e con minor danno alle aggressioni.
L’eccesso di azoto, che può aumentare la suscettibilità delle colture alle avversità crittogamiche o l’appetibilità per certi fitofagi (es. afidi) è un caso ricorrente nell’agricoltura convenzionale, mentre è altamente improbabile che si realizzi nell’agricoltura biologica, dove non si fa uso di concimi azotati di sintesi.
Anche la correzione del pH può essere un mezzo importante per favorire le specie coltivate, in quanto molti funghi terricoli sono favoriti da una reazione del terreno tendenzialmente acida.
Nel caso di necessità determinate da eventi capaci di compromettere il risultato economico del raccolto, è possibile comunque intervenire con alcuni strumenti di difesa diretta.
L’impiego di essenze vegetali e di insetticidi di origine vegetale (azadiractina, rotenone, piretro quassine ecc.), offre buoni risultati contro i parassiti animali e, parallelamente, l’uso di zolfo e di sali di rame, impiegati da sempre con successo nel controllo delle crittogame, consente in molti casi di ostacolare anche lo sviluppo di diversi insetti.
Per essere impiegato su una determinata coltura, il prodotto deve essere contemplato fra quelli indicati nell’allegato 2 del regolamento CEE 2092/91 e sue successive integrazioni ma deve essere anche autorizzato all’impiego in agricoltura da parte del
Ministero della Sanità.
La situazione è in continua evoluzione in quanto nuove richieste di autorizzazione vengono inoltrate al Ministero per ottenere la registrazione nel nostro paese di
prodotti ammessi dal regolamento comunitario, mentre di converso alcuni prodotti contemplati nella prima stesura del regolamento sono stati eliminati nelle successive modifiche oppure ne è stato ridotto l’impiego a particolari colture (es. azadiractina ammessa solo su piante madri o colture portaseme e piante ornamentali). Allo stato attuale tra gli insetticidi di origine vegetale ammessi dal Reg. CEE il Piretro naturale (solo se estratto da Chrysantemum cinerariaefolium) e il rotenone (estratto da Derris spp., Lonchocarpus spp. e Therphrosia spp.) sono anche registrati per l’utilizzo
in agricoltura in Italia. Per quanto riguarda invece gli insetticidi microbiologici esistono diversi prodotti registrati a base di Bacillus thuringiensis, e nematodi entomopatogeni. L’utilizzo di questi preparati è conforme a quanto prescritto dal regolamento CEE in quanto l’unica causa di esclusione è rappresentata dalla eventuale manipolazione genetica degli organismi costituenti il bioinsetticida.

Ricette
Il cavolfiore ha un basso valore calorico (25 kcal per 100 g). l’acqua costituisce il 90-92%, basso contenuto in grassi e bassissimo colesterolo, gli zuccheri sono circa il 2%. Inoltre contiene un elevato contenuto in fosforo, potassio e un basso contenuto di fibra. In  confronto agli altri “cavoli” possiede un elevato contenuto in vitamina B1 e acido pantotenico; tra gli aminoacidi essenziali sono elevati la valina, la metionina, treonina, triptofano. Contiene inoltre un elevato contenuto in rame.
  • Coltivazioni Erbacee - Remigio Baldoni, Luigi Giardini. Pàtron Editore.
  • Valutazioni produttive e qualitative di linee locali di cavolfiore - A. Longarini e F. Renzoni – progetto regionale “rilancio dell’orticoltura attraverso la valorizzazione di biodiversità autoctone”
  • Le Malattie da Fitoplasmi nel Friuli  V.G.http://www.fitoplasmi.it/piante_orticole/brassicacea/index.htm.
  • http://www.biodiversitaveneto.it/present/pr_brassica.htm
  • Le ortive in Sicilia – Regione Sicilia, assessorato agricoltura e foreste servizi allo sviluppo.
  • Manuale di corretta prassi per la produzione integrata del cavolfiore - Progetto per la Valorizzazione delle Produzioni Agroalimentari Umbre. Regione Umbria.
  •  Corso di formazione per agricoltori custodi di biodiversità e per l’autoproduzione di sementi da orto :  Unità di Ricerca per l’Orticoltura (Montanaso Lombardo LO) (CRA-ORL) - Massimo Schiavi www.entecra.it