Cos’è
La famiglia Brassicaceae, meglio nota col nome classico ma
non più valido di Cruciferae, comprende diverse migliaia di specie, quasi sempre erbacee o raramente
arbustive, diffuse soprattutto nelle regioni a clima temperato o freddo. Il
loro habitat è molto spesso rappresentato da ambienti primitivi (sabbie marine,
depositi fluviali, macereti, rupi ecc.), popolati da vegetazioni pioniere.
Questa ecologia rende molte crucifere preadattate a vivere in ambienti
fortemente antropizzati come gli incolti e i coltivi, dove spesso si comportano
da infestanti, o ad essere a loro volta coltivate come specie alimentari a
ciclo annuale o biennale.
Il gruppo di Brassica oleracea L. comprende numerose varietà coltivate,
a loro volta raggruppate in convarietà. L’origine del cavolfiore è
piuttosto incerta. la convar. botrytis, cui appartengono broccoli e
cavolfiori, presenta notevoli punti di contatto con Brassica cretica tanto da essere considerata
derivata da questa specie anziché da B. oleracea (Sauer, 1993; Heywood, Akeroyd, 1993). Il
nome deriva dal latino caulis (fusto, cavolo) e floris (fiore).
L'utilizzazione e la coltura dei cavoli iniziarono in più
punti indipendenti del bacino del Mediterraneo e delle coste atlantiche
dell'Europa, almeno fin dall'inizio del periodo classico. Un importante centro di selezione fu
sicuramente la Gallia, terra d'origine di B. oleracea subsp. oleracea.
La selezione delle odierne varietà consistette
soprattutto nel fissare alcuni caratteri interpretabili come mostruosità o
malformazioni ereditarie: dall'ingrossamento del fusto o dei rami
dell'infiorescenza, all'arricciamento o alla bollosità delle foglie, al
raccorciamento degli internodi o degli assi dell'infiorescenza, in costante
associazione con la riduzione del ciclo vegetativo da perenne a biennale o
addirittura annuale (Pignatti, 1982).
Nonostante gli elogi, talvolta sperticati,
degli Autori latini, i cavoli e in particolare i broccoli vennero a lungo
considerati un cibo per i poveri. E' probabilmente questo il motivo per il
quale sono scarsissime le notizie che li riguardano, nonostante fossero
sicuramente più diffusi in passato che non oggi.
E' comunque solo dopo il 1600 che le cultivar
di Brassica oleracea divennero facilmente riconoscibili nella letteratura botanica,
agronomica e soprattutto culinaria. Esse comprendevano i cavoli cappucci, le
verze, i cavoli-rapa, forse i cavolini di Bruxelles, i cavolfiori e,
finalmente, i broccoli.
Il loro successo derivava anche da un ottimale
inserimento nei normali cicli produttivi di numerose aziende come
coltura intercalare, in successione ai cereali autunno-vernini o dopo colture
foraggere od orticole, come la patata e la cipolla.
I cavoli rappresentavano
inoltre, per le famiglie contadine, una integrazione alimentare preziosa, sia
per la stagione invernale di maturazione che per la ricchezza in vitamine e
oligoelementi. Prime tra le verdure a comparire nell'annuale ciclo alimentare,
in certi casi potevano essere proficuamente conservati (crauti) e utilizzati
con profitto per prevenire malattie da ipovitaminosi.
Il genere Brassica L. comprende circa 35 specie
distribuite in Europa, Asia e Africa. Alcune vengono consumate come ortaggi,
solitamente cotte in modo da
limitare l'attività di alcuni composti tossici
(principalmente glucosidi) (Sauer, 1993). Fleming) Hanelt) e giapponese
(Brassica rapa subsp. nipposinica (L. H. Bailey) Hanelt).
La pianta possiede una radice
fittonante non molto profonda. Sul fusto eretto, lungo 15-50 cm, sono inserite
20-60 foglie, quelle più esterne, lunghe 50-90 cm e larghe 25-45 cm, di colore
verde più o meno intenso a volte tendenti al grigio, pruinose; quelle più
interne spesso ricoprono completamente la parte edule. Quest’ultima viene
denominata pomo, cespo, capolino, fiore, testa, ecc.
La parola corimbo è quella
più generalmente adottata in considerazione del fatto che la sezione della
porzione edule nella sua morfologia spesso ha una notevole rassomiglianza ad
una infiorescenza a corimbo.Questo può assumere forme molto diverse.
La sua formazione avviene
mediante cambiamenti nell’assetto della pianta:
- l’accrescimento delle foglie viene rallentato
- tutte le gemme laterali si allungano, formano peduncoli che si ingrossano, diventano tozzi, con internodi accorciati, teneri per l’assenza di sclerenchima e di vasi legnosi.
La superficie superiore convessa del corimbo è formata da un
elevatissimo numero (alcuni milioni) di meristemi apicali.
Le cultivar si distinguono in base alla necessità o meno
di freddo per la formazione del corimbo. Ambedue le classi di cultivar però
devono aver superato lo stadio giovanile altrimenti, pur se sottoposte
all’azionde del freddo, non iniziano la formazione delle strutture fiorali.
La superficie superiore del corimbo è normalmente
convessa, ma può essere anche conica; in alcune varietà, per effetto
dell’allungamento dei peduncoli dei fioretti (particolarmente di 1° ordine) e
dello sviluppo delle brattee, la superficie assume un aspetto tipico a piccoli
coni (“lumachelle”).
La colorazione può essere variabile: dal bianco-niveo al
giallo al verde al violaceo.
I cavolfiori richiesti dal mercato, sono essenzialmente a
superficie convessa e di colorazione bianco-nivea.
Al secondo anno, dopo l’inverno (o in autunno nelle cultivar
più precoci che hanno comportamento annuale), le ramificazioni del corimbo si
allungano e formano l’infiorescenza vera e propria, a racemo, alta 1-1.5 m,
ramificata, con fiori a petali gialli con 4 petali, 4 sepali, 6 stami e ovario
infero.
La fioritura inizia in aprile-maggio e si protrae per 30-40
giorni; la fecondazione è prevalentemente allogama e l’impollinazione
entomofila.
L’infiorescenza vera e propria è a racemo e proviene
dall’allungamento dei peduncoli carnosi del corimbo. Tali peduncoli
allungandosi si ramificano ripetutamente. I fiori delle prime ramificazioni
abortiscono (oltre il 90%) e sono fertili solo quelli della ramificazione del
quarto-ottavo ordine in poi. I fiori sono di colore giallo e caratteristici
delle crucifere. Una pianta può produrre da poche centinaia fino ad oltre
8.000 fiori. I frutti sono silique.
La temperatura minima di germinazione è intorno ai 6° C,
l’ottimale intorno a 25°C per cui, considerando che le semine in vivaio
per la produzione delle piantine per il trapianto avvengono nei mesi estivi, si
hanno germinazioni ed emergenze molto rapide (2-4 giorni).
Per la crescita vegetativa (fase giovanile), la
temperatura base (zero di vegetazione) è intorno ai 6°C con valori ottimali di
18-22°C: quanto più è lunga questa fase, tanto più tardiva è la
cultivar e tanto fornisce le produzioni in zone con clima fresco
e umido.
Tra i fattori climatici perciò
la temperatura gioca un ruolo molto importante, sia durante la fase di
transizione da vegetativa a riproduttiva che prima e dopo di essa. Per le
cultivar precoci la temperatura ottimale per la formazione dei corimbi è di
circa 17°C. con temperature superiori a 20°C il passaggio alla fase generativa
è ritardato e la qualità dei corimbi diviene scadente.
Se è iniziata la fase
riproduttiva e si verificano temperature superiori ai 20 °C ci può essere un
ritorno alla fase vegetativa, che comporta un accrescimento rapido delle
brattee interne del corimbo, che appaiono al di sopra del corimbo stesso,
deprezzandole (virescenza o frondescenza).
Se la pianta ha formato 6-8 foglioline e viene sottoposta
a temperatura bassa si possono avere piante “cieche”, cioè senza infiorescenza.
Il cavolfiore richiede terreni di medio impasto per fornire
le migliori produzioni. È una pianta mediamente resistente alla salinità e
preferisce un pH di 6,0-6,8.
Si adatta a diversi tipi di terreno ma le migliori
produzioni si ottengono in quelli di
medio-impasto, profondi, freschi, fertili, ricchi di
sostanza organica, con buona capacità di ritenzione idrica ma senza ristagni;
il pH deve essere superiore a 6.8, al fine di ridurre i rischi d’attacchi
dell’ernia del cavolo (Plasmodiophora brassicae) e le carenze di molibdeno, e
inferiore a 7.5, per evitare altre carenze di oligo-elementi (particolarmente
manganese e boro). E’ mediamente sensibile alla salinità: fino ad una
conducibilità elettrica dell’estratto di saturazione del terreno (ECe) di 2.8
mS/cm non risente effetti negativi.
Tradizionalmente la preparazione dei terreni di
medio-impasto o tendenzialmente argillosi prevede, dopo la raccolta del cereale
vernino che costituisce la precessione più frequente, la trinciatura della
paglia e un’aratura alla profondità di circa 0.40 m; durante questa lavorazione
principale può essere interrato il letame, se disponibile. La zollosità
grossolana lasciata dall’aratura è ridotta con successive erpicature via via
più leggere al fine di non rovinare lo strato strutturato superficiale.
Tenendo conto che la coltura è normalmente
trapiantata, una leggera zollosità è ininfluente se non addirittura preferita.
Ciclo biologico
È considerata una coltura
intercalare (specialmente se si tratta di cv. precoci); molto spesso perciò
segue il grano, ma anche altri ortaggi quali fava, pisello, carota, lattuga,
patata, primaticcia, erbaio primaverile-estivo. È da evitare la
monosuccessione, specie se non vengono eliminati i residui della vegetazione,
maggiormente se colpita da malattie.
Nelle aziende orticole specializzate può
seguire anche altri ortaggi quali fava, pisello, carota, lattuga, patata
primaticcia o un erbaio primaverile estivo.
Il cavolfiore non dovrebbe mai seguire se
stesso o un’altra crocifera e dovrebbe ritornare sullo stesso appezzamento dopo
almeno 3 anni.
Anche se la semina diretta
fornisce ottimi risultati, in Italia per impiantare la coltura si fa ricorso
ancora largamente al trapianto.
Da 1 m2 di semenzaio si ottengono 200-300
piantine, perciò per coprire un ettaro è necessario preparare circa 150 m2
di semenzaio ed occorrono circa 300 gr di seme di ottima germinabilità.
Se si
ricorre alla semina diretta si deve almeno decuplicare tale quantità.
Il trapianto può avvenire da Aprile a Novembre
in base alla tipologia, e alla zona di coltivazione, utilizzando piantine allo
stadio di 5 - 6 foglie.
Le distanze sono in funzione
delle dimensioni che le piante raggiungono a maturità, variano da 60 a 100 cm
tra le file e 50-80 cm sulla fila, con un numero di piante variabile da 12.000
a circa 30.000/ha.
Il cavolfiore è la specie più esigente del genere Brassica. Poiché possiede un considerevole ritmo di
accrescimento, (superficie fogliare estesa e un forte potere di assorbimento), necessita di una buona dotazione di
elementi nutritivi, in particolare azoto e
potassio, caratterizzati da una pronta assimilabilità.
Il cavolfiore per tutta la durata
del ciclo colturale richiede una costante umidità del terreno. Pertanto in
tutte le colture estivo-autunnali il ricorso all’irrigazione diviene una
necessità.
Il periodo di raccolta è molto
lungo. Inizia ad ottobre con le cultivar precoci e termina a maggio con quelle molto tardive. Il ciclo
colturale può durare perciò da 70 ad oltre 200m giorni.
Cultivar e miglioramento genetico
La scelta della cultivar è uno dei punti
cruciali per la buona riuscita della coltura dovendo soddisfare le esigenze di
coltivazione e quelle di mercato.
alternaria);
In commercio sono disponibili varietà ottenute
da vecchie popolazioni locali, altre per libera impollinazione (comunemente
dette varieta standard) e
ibridi F1
Gli ibridi presentano una maggiore potenzialità produttiva sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo, una maggiore uniformità
morfo-biologica, una maggiore resistenza alle malattie, ma,
ovviamente, presentano dei costi della semente
più elevati (indicativamente un seme di un ibrido costa circa 3 volte quello di
una varietà standard). Tranne casi limitati e particolari, la semente ibrida è
quella impiegata e consigliata.
Le cultivar oggi in commercio in
Italia sono numerosissime ed affiancano le popolazioni locali che in alcune
regioni sono ancora utilizzate in modo prevalente.
Tali popolazioni hanno spesso
corimbi con formazioni a lumachelle pronunciatissime, colori chye vanno dal
bianco al giallo, al viola scuro che, pur se apprezzate dai mercati locali, non
sono idonee all’esportazione.
Tra le cultivar maggiormente
impiegate troviamo:
- Gigante di Napoli (dicembre – aprile: Natalino, Gennarese, Marzatico, Aprilatico)
- Tardiva di Fano
- Snowball
- Precoce di Jesi
- Broccolo Fiolàro
- Cavolo broccolato
- Cavolo "gaggetta"
- Cavolo "pisano" (a rischio di estinzione)
- Il “mùgnulu” è una Brassicacea tipica del Salento, simile ai comuni cavoli broccoli verdi detti comunemente broccoli verdi (Brassica oleracea var. botrytis virescens L. )
- Cavolo "lombardo
- Broccolo di Bassano
- Cavolo broccolo "lavagnino"
- Il cavolfiore di Moncalieri ("Prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Piemonte", ai sensi dell'art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173.
A cosa serve
I cavolfiori (Brassica oleracea var.
botrytis capitata)
rientrano nel gruppo dei cosiddetti functional foods, cioè quegli alimenti che
consumati normalmente nella dieta
hanno effetti positivi su una o più specifiche funzioni dell’organismo.
Numerosi sono gli studi sulla loro efficacia
contro il cancro alla prostata ed al colon, e recentemente sono state
evidenziate anche azioni di prevenzione nei confronti del cancro ai polmoni.
Svolgono un’azione di protezione anche nei confronti dei raffreddori, stimolano
il funzionamento della tiroide e sono ottimi disinfettanti e regolatori
intestinali.
Tali azioni sono da attribuire agli elevati
contenuti di vitamina C, vitamina A, sali minerali ed alla presenza di
antociani, carotenoidi e glucosinolati contenuti in quantità maggiori
soprattutto nelle tipologie a corimbo pigmentato (il corimbo è l’infiorescenza
ancora immatura e rappresenta la parte che noi mangiamo).
Inoltre, contiene diversi composti solforati
che producono il caratteristico odore durante la cottura e causano qualche
difficoltà di digestione ma, come altre crocifere (cavolo broccolo in
particolare), presenta dei composti che sembrano svolgere un’azione
antitumorale.
Viene utilizzato sia allo stato
fresco che surgelato, disidratato, sott’aceto.
Dove si coltiva
Il cavolfiore, tra le orticole appartenenti alla famiglia
botanica delle Crocifere, è la specie più coltivata in Italia: si stimano circa
25.000 ha con una produzione di circa 500.000 t. L’Italia è il secondo
produttore europeo dopo la Francia anche se tale classifica è invertita secondo
le annate.
Dall’Italia parte un consistente flusso di esportazioni (da
60.000 a 100.000 t anno), particolarmente durante i mesi invernali, diretto
verso la Germania (35-40%), Paesi Bassi (15-20%) e Francia (12%); le
importazioni sono modeste. Le produzioni nel nostro paese si localizzano
prevalentemente in Campania (40% circa), Sicilia (10%), Lazio (10%), Marche
(8%), Puglia (6%) e Abruzzo (6%). In Umbria si stima siano coltivati circa 300
ha di cavolfiore, prevalentemente a ciclo precoce (raccolta da ottobre a
dicembre).
La coltura, diffusa in quasi tutte le
regioni italiane, assume particolare importanza in Campania, Lazio, Abruzzo,
Marche e Sicilia. La superficie attualmente investita nell'isola è circa 2,500
ettari ed è localizzata principalmente nelle province di Ragusa, Palermo e
Messina.
La produzione siciliana è in larga misura
diretta al consumo locale, in quanto gli ecotipi utilizzati, con corimbi colorati, sono
richiesti ed apprezzati soltanto nei mercati locali.
Raccolta
e resa
Il cavolfiore è stato una delle prime colture
orticole la cui commercializzazione è stata
regolamentata a livello comunitario (Reg. CEE
n. 23 del 1962), come riportato di seguito.
I corimbi si raccolgono quando sono compatti, comunque prima
che i singoli fioretti o cimette che compongono il corimbo inizino a
discostarsi. La durata del periodo di raccolta è funzione della cultivar, della
temperatura e delle esigenze di mercato. La maturazione non avviene
contemporaneamente, per cui sono necessarie 3-6 raccolte.
Le dimensioni variano
notevolmente; in alcune vecchie cultivar e popolazionio locali si superavano
anche i 30 cm di diametro ed il peso di 3-5 kg.
Nelle cultivar oggi normalmente
adoperate il peso medio della raccolta commerciale dei corimbi defogliati
difficilmente supera i 1.500 gr. In genere le cultivar tardive producono
corimbi più grossi.
Il taglio dei corimbi si può
effettuare con o senza foglie. Dopo il taglio è importante evitare
l’esposizione dei corimbi alla radiazione solare per evitare la comparsa di
colori indesiderati.
La produzione di corimbi
defogliati dipende dalle dimensioni che raggiungono i corimbi, può variare da
100 ad oltre 400 q/ha.
Per la commercializzazione
vengono preparati in maniera diversa a seconda dei mercati.
Il cavolfiore è un prodotto facilmente
deperibile a causa della più o meno intensa attività respiratoria che provoca
un rapido appassimento del prodotto.
I cavolfiori autunnali hanno necessità di
essere pre-refrigerati (quelli tardivi in genere non ne hanno necessità) con
acqua fredda (hydro-cooling) e/o con il vuoto (hydro-vacuum-cooling) per
portarli ad una temperatura di circa 5°C, per poi conservarli in cella
frigorifera ventilata in presenza di alta umidità relativa (> 95%). La
ventilazione è importante perché allontana la CO2 che, comunque, si
produce con la respirazione e che determina un peggioramento del prodotto,
evidente solo dopo la cottura (con il 10% di CO2 i corimbi diventano
di colore grigio, molli ed emettono odore sgradevole). I tempi di conservazione
in cella frigorifera, ovviamente, sono in funzione della temperatura.
I corimbi hanno una debole intensità respiratoria. Si può
ricorrere alla conservazione a temperatura di 0°C e 90-95 % di umidità relativa si conserva bene per 15-30
giorni; a 5 °C per 11 giorni ed a
10°C solo una settimana. I corimbi raccolti a giusta maturazione, defogliati e
senza torsolo o stelo si conservano più a lungo.
Avversità
Tra i parassiti che colpiscono il
cavolfiore oltre alla peronospora, ernia, alternaria ed i marciumi delle
piantine, si presenta molto dannosa una tracheobatteriosi dovuta a Xanthomonas
campestris. Sulle foglie si presentano aree
ingiallite di forma irregolare, specie sulla porzione mediana della foglia,
successivamente si disseccano e si lacerano. In sezione, sia i piccioli che i
fusti al di sopra del colletto, mostrano un annerimento parziale o totale.
Le cultivar precoci sembrano più
suscettibili. Esistono cultivar resistenti. L’insetto più dannoso è senza
dubbio la cavolaia, le cui larve divorano in breve tempo le foglie. Fra gli
altri insetti che arrecano danni al cavolfiore citiamo: la cimice, la mamestra,
gli afidi e gli insetti terricoli. In alcuni anni in Puglia e Sicilia si
assiste a danni notevoli provocati dal punteruolo maggiore (Rhytidores
plicatus). Sono dannosi gli adulti che
rodono le foglie e le larve che si nutrono delle radici, che possono essere
completamente distrutte.
Inoltre vengono segnalati danni
da nematodi, chiocciole e roditori.
Fra le alterazioni si deve
ricordare la peluria, che consiste in un precoce passaggio dei meristemi
apicali del corimbo in strutture fiorali. Esistono notevoli differenze tra le
cultivar e viene attribuita a temperature elevate, accrescimento rapido,
eccesso di azoto ed elevata umidità dell’aria.
La “bottonatura”, che consiste
in un prematuro passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva e
influisce sull’accrescimento delle piante, che rimangono più piccole, compreso
il corimbo che non risulta commerciabile.
Questo fenomeno è fortemente
influenzato dalle condizioni in cui viene allevata la pianta, ne favoriscono la
formazione il trapianto con piantine di grosse dimensioni, temperature basse ed
ambiente umido o molto secco, cattive condizioni del terreno compresa la
salinità, scarsezza di azoto, presenza di un numero eccessivo di malerbe.
Cavità dell’asse centrale del corimbo:
si verifica soprattutto su cultivar vigorose e con elevate disponibilità di
azoto che favoriscono un accrescimento rapido.
Imbrunimento a chiazze del corimbo: sono
favorite da stress idrici che provocano un richiamo di acqua dal corimbo
(formazione di zone traslucide) e da successiva elevata umidità che ne
determina la marcescenza. Possono essere anche sintomi di danni da freddo.
Laciniatura delle foglie: la lamina
fogliare è molto ridotta con arresto della crescita della pianta e formazione
di corimbi di piccole dimensione. E’ causata da carenze di molibdeno.
Germogli ascellari: la loro presenza
anormale va a scapito della crescita equilibrata della pianta e della testa che
rimane piccola. La loro formazione è favorita da alte temperature in autunno,
elevata disponibilità di azoto e di acqua. Esiste una diversa sensibilità delle
cultivar.
Fitoplasmosi
di Brassicacea (Brassica spp.) - In Italia sono state riportate infezioni su cavolfiore (Brassica
oleracea var. botrytis, cavolo broccolo (B. oleracea var.italica), cavolo di Bruxelles (B.
oleracea var. gemmifera), cavolo cappuccio (B. oleracea var. capitata), kale (B. oleracea var.
palmifolia), navone
(B. rapa var. rapifera); questo, sia in coltivazioni per consumo fresco, per conservazione
industriale e per produzione di seme. I sintomi consistono in accorciamenti
degli internodi e nanismo. Nelle piante da seme si hanno anche accentuate
proliferazioni di germogli da gemme ascellari e infiorescenze con dimensioni
ridotte e con fenomeni di fillodia (con produzione di foglie piccole e
clorotiche) e di virescenza (Bertaccini et al., 1983).
Difesa biologica
La capacità che l’agricoltura biologica ha di far fronte
alle avversità di ordine fitosanitario, non risiede tanto nel possedere rimedi
infallibili per i singoli problemi, quanto nel fornire al sistema la
possibilità di autoequilibrarsi sfruttando le sue capacità omeostatiche.
La predisposizione di condizioni di miglior rispetto degli
equilibri naturali del terreno, seguite nelle pratiche di coltivazione
dell’agricoltura biologica, costituisce la fase preliminare e preventiva nella
difesa delle colture dagli agenti nocivi sia di natura biotica che abiotica.
Infatti coltivare un ecotipo locale, più adatto per
selezione ad affrontare le condizioni di vita determinate dal suolo e dal
clima, seguire la metodologia dell’apporto di sostanza organica nella
fertilizzazione e le altre tecniche colturali, contribuisce a costituire una
prima serie di condizioni che tendono naturalmente a rendere la pianta
coltivata meno suscettibile alle infezioni e ai danni degli
agenti nocivi.
Il materiale di propagazione deve essere necessariamente
sano, cioè privo di agenti patogeni e di insetti. Sarà pertanto opportuno
impiegare materiale certificato (sempre proveniente da agricoltura biologica).
In certi casi è possibile ridurre la popolazione di malattie
e di insetti fitofagi distruggendo tempestivamente residui colturali nei quali
questi svernano.
Le sistemazioni idrauliche, evitando ristagni idrici,
riducono l’incidenza di diverse fitopatie e lo sviluppo di alcuni insetti
terricoli sia diminuendone la virulenza sia aumentando il vigore e, quindi la
resistenza delle piante coltivate.
Una concimazione completa ed equilibrata è come regola
generale favorevole in quanto piante ben nutrite e vigorose resistono meglio e
con minor danno alle aggressioni.
L’eccesso di azoto, che può aumentare la
suscettibilità delle colture alle avversità crittogamiche o l’appetibilità per
certi fitofagi (es. afidi) è un caso ricorrente nell’agricoltura convenzionale,
mentre è altamente improbabile che si realizzi nell’agricoltura biologica, dove
non si fa uso di concimi azotati di sintesi.
Anche la correzione del pH può essere un mezzo importante
per favorire le specie coltivate, in quanto molti funghi terricoli sono
favoriti da una reazione del terreno tendenzialmente acida.
Nel caso di necessità determinate da eventi capaci di
compromettere il risultato economico del raccolto, è possibile comunque
intervenire con alcuni strumenti di difesa diretta.
L’impiego di essenze vegetali e di insetticidi di origine
vegetale (azadiractina, rotenone, piretro quassine ecc.), offre buoni risultati
contro i parassiti animali e, parallelamente, l’uso di zolfo e di sali di rame,
impiegati da sempre con successo nel controllo delle crittogame, consente in
molti casi di ostacolare anche lo sviluppo di diversi insetti.
Per essere impiegato su una determinata coltura, il prodotto
deve essere contemplato fra quelli indicati nell’allegato 2 del regolamento CEE
2092/91 e sue successive integrazioni ma deve essere anche autorizzato
all’impiego in agricoltura da parte del
Ministero della Sanità.
La situazione è in continua evoluzione in quanto nuove
richieste di autorizzazione vengono inoltrate al Ministero per ottenere la
registrazione nel nostro paese di
prodotti ammessi dal regolamento comunitario, mentre di
converso alcuni prodotti contemplati nella prima stesura del regolamento sono
stati eliminati nelle successive modifiche oppure ne è stato ridotto l’impiego
a particolari colture (es. azadiractina ammessa solo su piante madri o colture
portaseme e piante ornamentali). Allo stato attuale tra gli insetticidi di
origine vegetale ammessi dal Reg. CEE il Piretro naturale (solo se estratto da Chrysantemum
cinerariaefolium) e il rotenone (estratto
da Derris spp., Lonchocarpus spp. e Therphrosia spp.) sono anche registrati per l’utilizzo
in agricoltura in Italia. Per quanto riguarda invece gli
insetticidi microbiologici esistono diversi prodotti registrati a base di Bacillus
thuringiensis, e nematodi entomopatogeni.
L’utilizzo di questi preparati è conforme a quanto prescritto dal regolamento
CEE in quanto l’unica causa di esclusione è rappresentata dalla eventuale
manipolazione genetica degli organismi costituenti il bioinsetticida.
Ricette
Il cavolfiore ha un basso valore
calorico (25 kcal per 100 g). l’acqua costituisce il 90-92%, basso contenuto in
grassi e bassissimo colesterolo, gli zuccheri sono circa il 2%. Inoltre
contiene un elevato contenuto in fosforo, potassio e un basso contenuto di
fibra. In confronto agli altri
“cavoli” possiede un elevato contenuto in vitamina B1 e acido
pantotenico; tra gli aminoacidi essenziali sono elevati la valina, la metionina,
treonina, triptofano. Contiene inoltre un elevato contenuto in rame.
- http://cosa-cucino-oggi.blogspot.com/2012/03/pastizza-che-ciurietti-pasticcio-con-i.html
- http://www.forchettina.it/it/articolo.asp?articolo=213
- http://ricette.justshopping.it/contorni/ricetta-cavolfiore-con-besciamella
- http://www.montag.it/comida/archives/004133.html
- http://laboratorioveg.altervista.org/blog/tag/ricette-con-cavolfiore
- http://ricette.pourfemme.it/articolo/ricette-contorni-souffle-di-cavolfiore/5901
- http://www.kucinare.it/ricetta/Muffin_ai_cavolfiori-4180.aspx
Bibliografia
- Coltivazioni Erbacee - Remigio Baldoni, Luigi Giardini. Pàtron Editore.
- Valutazioni produttive e qualitative di linee locali di cavolfiore - A. Longarini e F. Renzoni – progetto regionale “rilancio dell’orticoltura attraverso la valorizzazione di biodiversità autoctone”
- Le Malattie da Fitoplasmi nel Friuli V.G.http://www.fitoplasmi.it/piante_orticole/brassicacea/index.htm.
- http://www.biodiversitaveneto.it/present/pr_brassica.htm
- Le ortive in Sicilia – Regione Sicilia, assessorato agricoltura e foreste servizi allo sviluppo.
- Manuale di corretta prassi per la produzione integrata del cavolfiore - Progetto per la Valorizzazione delle Produzioni Agroalimentari Umbre. Regione Umbria.
- Corso di formazione per agricoltori custodi di biodiversità e per l’autoproduzione di sementi da orto : Unità di Ricerca per l’Orticoltura (Montanaso Lombardo LO) (CRA-ORL) - Massimo Schiavi www.entecra.it
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