martedì 24 gennaio 2012

Pisello (Pisum sativum)


Pisello

(Pisum sativum L.)

Cos’è

Appartiene alla famiglia delle Papilionaceae (Leguminoseae), sezione Vicieae, genere Pisum.
Si tratta di un gustoso ortaggio molto usato in cucina che è quasi sempre presente negli orti familiari di tutta Italia, dalla pianura alla montagna.
Oggi ci sono due specie di pisello coltivato, una Pisum sativum L. con seme liscio o rugoso in genere grande, di colore verde o giallo a maturazione  completa e l’altra (P. arvense) con seme rotondo, liscio o con qualche leggera increspatura, di colore grigio usata come foraggera.
Da risultanze storiche,  il P. Sativum sorse probabilmente nel Medioevo con una mutazione a fiore bianco e seme grosso da forme coltivate di P. arvense.
Ulteriori mutazioni riguardorono poi la lunghezza del fusto, i baccelli teneri e di semi rugosi.
Il pisello si consumava secco, proprio come si fa con il fagiolo essiccato. Essendo ricco di proteine, esso costituiva per le popolazioni dell’Europa occidentale una risorsa molto importante per la stagione invernale, quando sono pochi i vegetali che si possono raccogliere.
Soltanto nel Medioevo si cominciò ad adoperarlo fresco, sgusciato e pare che siano stati gli Olandesi ad utilizzarlo per primi in questo modo.
Si tratta di una pianta erbacea annuale, alta da 20 a 150 cm o più.
Quando è piccola ha un aspetto cespuglioso dovuto a stipole e foglioline molto espanse.
L’apparato radicale è rappresentato da un fittone di sviluppo variabile a seconda della varietà, del tipo di terreno e delle condizioni climatiche.
Da esso si dipartono molto sottili le ramificazioni laterali. Ha germinazione ipogeica, i cotiledoni non fuoriescono come fanno invece il fagiolo e altre leguminose.
Il fusto è angoloso o rotondo, glabro di colore verde chiaro o verde azzurro, prostrato o eretto. L’andamento può essere dritto o a zig zag. Può ramificare in modo molto variabile a seconda delle varietà  alcune ramificano normalmente mentre altro lo fanno solo raramente.
La lunghezza degli internodi sotto al nodo sul quale compare il primo fiore, sembra essere strettamente correlata alla lunghezza del fusto, il che ha una validità diagnostica in relazione all’altezza della pianta.
In base all’altezza le varietà possono essere classificate in :
  1. nane
  2. seminane
  3. rampicanti.
Le foglie sono composto-pennate con due, tre o più paia di foglioline oltre ad altre trasformate in viticci. Le foglioline sonom ovali oblunnghe, con margine liscio più o meno ondulato, la terminale è sempre modificata in viticcio. Le foglie sono normalmente verdi di intensità diversa.
Il punto in cui la foglia si unisce al fusto si chiama nodo e l’angolo tra fusto e picciolo è chiamata ascella.
L’infiorescenza è ascellare, a racemo peduncolato con uno o due fiori che presentano piccole brattee o bratteole: si possono trovare anche tipi con 3-4 fiori. Non tutti i nodi presentano fiori.
Il fiore è vistoso, grande e bianco con 5 petali, il superiore chiamato stendardo che abbraccia i due laterali, chiamate ali, ed i due inferiori sono riuniti in basso a formare uno sperone (corona). Nella parte centrale dello stendardo ci può essere un mucrone più o meno allungato che ha importanza per la differenziazione della varietà.
Il frutto è un tipico legume costituito da un baccello di lunghezza e larghezza variabile, curvo o dritto, colore da verde giallastro a verde scuro, con estremità appuntite o ottuse. Può essere presente al suo interno una sottile membrana sclerenchimatica che a maturità, seccandosi, si contrae facendo aprire i baccelli la sua presenza, o meno, porta alla divisione dei piselli in tipi da sgusciare o mangiatutto.
I semi sono caratteristici per la forma, aspetto, e colore.
In base alla forma:
  1. a seme rotondo
  2. a seme ovale
  3. “    “     appiattito
  4. “    “     quadrato
  5. “     “    esagonale
in base all’aspetto (da secco):
  1. a seme liscio
  2. a seme grinzoso
in  base al colore:
  1. a seme verde
  2. a seme giallo
  3. a seme verde-giallo.

Ciclo biologico

La durata del ciclo biologico varia da due mesi e mezzo nelle cv. Nane precocissime, fino a 5 mesi in quelle rampicanti tardive.
Nel pisello come per le altre leguminose si considerano quattro fasi nel ciclo biologico:
  1. germinazione e affrancamento delle plantule
  2. sviluppo vegetativo
  3. sviluppo riproduttivo
  4. accumulo sostanza secca

germinazione e affrancamento delle plantule, in genere non vi sono difficoltà nella germinazione; essa avviene regolarmente anche se i cotiledoni sono in parte danneggiati purchè l’embrione sia intatto.
Sviluppo vegetativo, è una fase importante perché determina la quantità di sostanza secca prodotta. Per captare e sfruttare al massimo la radiazione solare la pianta deve affrettare il suo accrescimento iniziale, notoriamente lento, perché la differenziazione fogliare avviene con ritardo. L’area fogliare è un carattere importante ai fini della produzione di sostanza secca. Un’importante caratteristica dello sviluppo dell’area fogliare nel pisello e nelle altre leguminose da granella è che essa diminuisce nettamente quando inizia la fioritura. Questo si verifica soprattutto nei tipi determinati dove non si formano più foglie nuove mentre le vecchie cadonom velocemente, lo sviluppo vegetativo può durare da 40 a 60 giorni.
Sviluppo riproduttivo, è la fase più importante in relazione all’ottenimento di alte produzioni di seme. Il pisello può considerarsiuna pianta a giorno lungo o indifferente per cui l’emissione dei fiori non presenta particolari difficoltà.
L’antesi comincia dal basso verso l’alto ed inizia al mattino, s’arresta nella parte centrale del giorno e riprende nel pomeriggio per smettere all’imbrunire.
Contrariamente ad altre specie di leguminose come favino e medica, i fiori del pisello sono molto fertili e la colatura degli stessi poco importante. Questa può verificarsi però in caso di temperature troppo elevate in seguito ad un periodo prolungato di secco. In tale situazione si ha una arresto vegetativo di tutta la pianta. L’irrigazione può limitare questi inconvenienti, ma soltanto parzialmente.
L’accumulo della sostanza secca, avviene, per circa due terzi o più, dalla fioritura all’inizio dello sviluppo dei baccelli. Iniziata questa fase, l’aumento delle parti vegetative della pianta è molto modesto. Ciò significa che la sostanza secca prodotta dopo la fioritura è diretta verso i baccelli in via di sviluppo. La duarata dello sviluppo del seme varia molto con la localie quindi con i vari fattori climatici. In questa fase gli zuccheri in essi contenuti subiscono la trasformazione in amido, cellulosa, pectina influenzando il sapore e la consistenza del seme. Il processo, indipendentemente dal grado di maturazione, è più veloce ad alta temperatura.
Il pisello cresce i n coltura estensiva dal tropico del cancro fino al 40°-50° Lat. Nord. Può essere coltivato anche in Etiopia o America Centrale, ad altitutidini elevate.
Gradisce temperature variabili durante il ciclo vegetativo: in genere è seminato quando le temperature e la lunghezza del giorno sono in aumento, sebbene in certi casi (semine autunnali nel sud) venga anche coltivato con temperature in via di diminuzione.
Il pisello cresce bene con temperature variabili da 10 a 20 °C (lo zero di germinazione è a 4,4 °C) e si adatta in quelle regioni che possono offrire un periodo iniziale relativamente fresco: temperature elevate persistenti favoriscono una fioritura troppo precoce e poi una maturazione troppo veloce che influenza negativamente la qualità del prodotto. Soprattutto alla fioritura sono nefaste temperature troppo elevate in quanto fermano completamente la vegetazione. In genere però il pisello sfugge a questo rischio per la sua precocità di fioritura.
Gelate primaverili tardive con punte di 2-4 °C sotto lo zero possono danneggiare la pianta.   
Come tutte le leguminose teme il ristagno idrico e quindi si adatta male a terreni umidi, freddi e asfittici. Se il terreno non è troppo sciolto, l’umidità contenuta nel terreno alla semina è generalmente sufficiente per portare a termine la coltura.
Il pisello è coltivato nei terreni più diversi, ma preferisce quelli profondi, con discreta capacità idrica, leggeri e sani. Manifesta clorosi neri terreni calcarei dove vegeta con difficoltà e fornisce un prodotto dififcile da cuocere.
Il pH ottimale per i pisello è compreso tra 5,5-6.5, è una specie molto sensibile alla salinità del suolo.
È una coltura a ciclo breve, che specie nel caso sia coltivato per il seme fresco da destinare all’industria, può essere inserito nella successione come coltura intercalare vernino-primaverile.
Il pisello può anche essere utile per interrompere una successione intensiva di cereali o addirittura la monosuccessione di mais.
Dato che aumenta la fertilità del terreno per la presenza dei Rhizobium fissatori d’azoto (30-50 kg/ha) è opportuno farlo seguire da una coltura capace di trarne adeguato vantaggio. La cattiva struttura del terreno danneggia il pisello per cui non è bene farlo seguir a colture che abbiano richiesto per la raccolta o per altre operazioni, ripetuti passaggi di macchine pesanti.
Infezioni fungine e sviluppo di insetti possono verififcarsi quando il pisello succede troppe volte a se stesso.
I lavori preparatori del terreno iniziano con un aratura sui 30 cm, cioè poco profonda, eseguita in autunno o inverno. Si eseguono poi il minimo indispensabile di lavorazioni secondarie per interrare i concimi, rompere le zolle e preparare il letto di semina.
Concimazione e semina – il pisello è una pianta a ciclo breve, ha un apparato radicale con discreto sviluppo, assorbe una limitata quantità di elementi nutritivie, in più, è una leguminosa. Esso dunque risponde poco alla concimazione se coltivato in terreni sufficientemente fertili.
L’epoca di semina varia a seconda che il prodotto sia destinato al mercato o all’industria conserviera. Nel primo caso la scelta sarà fatta allo scopo di ottenere il prodotto nel momento in cui il prezzo è più elevato. In genere essa si effettua da settembre a dicembre nel meridione, da gennaio a febbraio nell’Italia centrale e un po’ più tardi nel nord.
Nelle colture da industria la semina si esegue a macchina, in file la cui distanza può variare per le cv. Nane a sviluppo determinato, da 18 a 22 cm. Può essere utilizzata la seminatrice da frumento. Se la distanza  tra le file è superiore si favorisce la concorrenza delle malerbe all’inizio del ciclo. File relativamente strette obbligano i fusti a raddrizzarsi ed a sostenersi l’un l’altro formando una massa di baccelli e fusti che si raccolgono meglio meccanicamente.
A seconda delle varie zone sono necessari da 100 a 130 semi per m2 per avere un investimento reale all’inizio della vegetazione di 70-90 piante assicurano un raccolto normale. A volte si possono avere nascite rade per attacchi di uccelli, lumache, insetti e anche malattie fungine.
La quantità di seme da impiegare varia da 160 a 210 kg per ettaro. Nelle colture da orto si può seminare a postarella o a file distanziate anche a 80 cm per le cv. Rampicanti e 30-40 cm per quelle nane o mezze nane. In questi casi si impiegano da 100 a 140 kg/ha di seme. Le cv. Rampicanti sono infrascate con canne o rami o reti di plastica. La profondità di semina a 3-4 cm permette di ridurre i danni da uccelli.
Lotta alle malerbe e altri interventi colturali – la lotta alle malerbe è indispensabile in quanto il pisello sopporta molto male la loro competizione. L’ombreggiamento riduce la fotosintesi nelle piante di pisello e favorisce le malattie.
La lotta può essere eseguita chimicamente e, in proposito, esiste una notevole gamma di soluzioni alternative.

Cultivar e miglioramento genetico

In Italia esiste un numero elevato di cultivar, molte diverse solo per ilnome oppure la località di provenienza.
Alcuni esempi:
ROVEJA (Pisum sativum ssp. Arvense): o rubiglio è un pisello selvatico ancora coltivato in piccoli appezzamenti che veniva utilizzato per la produzione di zuppe o per la preparazione di una particolare polenta chiamata “farecchiata”. La pianta, che si adatta a vivere in terreni argillosi ed umidi, è dotata anche di una buona resistenza al freddo, caratteristica che l’ha resa utilizzabile da parte delle popolazioni montane.
Nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Fino a qualche decennio fa, nelle aree montane della regione, in particolare l’Alto Sangro e gli Altipiani
Maggiori, era coltivato una varietà di pisello, probabilmente da riferire a Pisum sativum subsp. elatius, conosciuto localmente come riveglie. I semi servivano sia per l’alimentazione del bestiame che per l’alimentazione umana. A Pescocostanzo un piatto ampiamente consumato d’inverno era costituito proprio da sagne e riveglie. Giuliani in un suo scritto inedito della seconda metà del XVIII, parlando
di Roccaraso e delle aree limitrofe, scriveva: “... e vi si coltiva una specie di legumi simili al pisello di un colore fusco cinereo detti con lingua patria Riveglie. Queste riveglie si seminano nel mese di Aprile, e vi si raccolgono nel mese di Agosto. Molto soddisfano alla povera gente, che costretta a star ritirata in casa per il freddo, e per le nevi ne fa di esse il maggior consumo nell’inverno...” (De Panfìlis, 1991).
Le riveglie oggi risultano completamente scomparse nelle aree classiche della loro
coltivazione. Stessa sorte è toccata ad altre leguminose da granella.
“Pisello Nano di Zollino” viene identificato un particolare ecotipo locale di pisello (Pisum sativum L.), coltivato da tempo inestimabile su territorio zollinese, che nel corso del tempo ha raggiunto un armonico equilibrio con le particolari condizioni climatiche e pedologiche di questo comune salentino. E’ proprio il raggiungimento di questo equilibrio, che ha consentito di esaltare le caratteristiche organolettiche e di cucinabilità di questo esclusivo ecotipo di pisello.
La situazione è diversa nel caso delle colture da industria dove in genere vengono utilizzate cv. Straniere (suggerite dall’industria stessa) il cui seme è prodotto per la maggior parte all’estero. Soprattutto per le colture industriali le cv. disponibili cambiano continuamente per cui la loro descrizione ha solo un significato contingente. In Francia sono state ottenute varietà invernali incrociando P. sativum x P. arvense.
Trattasi di specie a fecondazione autogama, malgrado i suoi fiori molto appariscenti  possano far pensare all’allogamia entomofila.
L’autogamia è molto stretta e a meno di mutazioni o di incroci accidentali la pianta può essere considerata omozigote.

A cosa serve

Soltanto nel Medioevo si cominciò ad adoperarlo fresco, sgusciato e pare che siano stati gli Olandesi ad utilizzarlo per primi in questo modo.
Negli ultimi decenni, la grande richiesta di vegetali in scatola e surgelati ha fatto sì che venissero via via selezionate cultivar in grado sia di mantenere la forma, il colore, il sapore e la consistenza dei piselli freschi sia di maturaren in stagioni differenti
Il valore alimentare come quello di altre leguminose deriva soprattutto dal contenuto elevato in proteine grezze e in misura più elevata dal buon equilibrio degli aminoacidi indispensabili conenuti nelle proteine stesse.

La composizione del seme fresco in media è la seguente: acqua 78,4 %

Proteine 6,3 %
Grassi 0,3 %
Zuccheri 12,3 %
Fibra 1,9 %
Ceneri 0,8 %
Nel seme secco (in % della sostanza secca) :
proteine 26 %
amido 67%
grassi 2 %
fibra 2 %
ceneri 3 %.
Per quanto riguarda le proteine, come per le altre leguminose presenta un decifit in aminoacidi solforati (metionina 0,8 % e cistina 1,5 %).
La qualità del seme può essere indicata anche in base al diametro secondo la classificazione UE.
Il seme fresco contiene anche vitamine E ed A e in misura minore B1, B2, PP, C.
Nelle ceneri sono presenti calcio, ferro e fosforo.
Il seme di pisello può essere utilizzato, allo stato fresco, per uso industriale (inscatolato o surgelato), secco, sgusciato e spezzato per zuppe o alimentazione del bestiame.
Oltre al seme vi è la possibilità di sfruttare anche il resto della pianta per l’alimentazione del bestiame.

Dove si coltiva

L’origine geografica del pisello probabilmente non è unica (Asia Minore, area mediterranea, Afghanistan) e pare che la coltura abbia avuto inizio in alcune zone dell’India settentrionale per poi giungere fino all’Europa. In Italia, le regioni in  cui la coltura è maggiormente diffusa sono: nel sud Campania, Puglia e Sicilia,
nel nord Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia.

Raccolta e resa
Il prodotto per il mercato viene raccolto a mano, nel caso di cv. Rampicanti, mano a mano che ragigunge le caratteristiche volute dal consumatore: baccello turgido, e sem ancora in via di maturazaione.
Il momento della raccolta per uso industriale viene deciso a seguito di una determinazione effettuata con una apparecchio chiamato tenderometro, questo misura lo sforzo necessario per comprimere, schiacciare ed infine forzare il passaggio di un campione di piselli tra le due griglie. Su una scala legata all’apparecchio si possono ricavare i valori convenzionali del grado tenderometrico che variano da 50 a 200. ilgrado tenderometrico è fissato nel contratto tra l’agricoltore e l’industria e può influenzare il prezzo del prodotto.
Qualsiasi sia il metodo di raccolta il prodotto dev’essere manipolato con molta cura perché molto deperibile, delicato e si deve ridurre al minimo il tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione: appena sgranato il seme dev’essere fatto giungere allo stabilimento o conservato a bassa temperatura.
La raccolta del seme secco si realizza con la mietitrebbia per cereali quando il seme arriva a maturità ed è sufficientemente secco (18-24%).
La produzione ottenibile è molto variabile: nel caso di coltura industriale con varietà precoci come media sui 25 q/ha di seme fresco, mentre per cv. A ciclo lungo, in media 30-40 q/ha. Anche nel caso del pisello da consumo fresco le produzioni possono variare da 90 e 120 q/ha di baccelli in caso di colture con sostegno.
La produzione di seme secco si aggira sui 20-30 q/ha.

Avversità

Antracnosi. È causata da tre diversi funghi: Asochyta pisi, Mycosphaerella pinodes e Ascochyta pinodella. Può causare perdite notevoli in stagioni particolarmente umide e può manifestarsi sia nella piantina che sulla pianta adulta. I sinotmi sulla pianta sono i seguenti: formazioni di strie nere  o purpureee sul fusto poste in modo preponderante ai nodi che s’allargano in amcchie sparse dalle radici fino a 20 e più centimetri sul fusto. Le macchie sulle foglie possono essere di eguale colore, piccole o grandi, irregolari o circolari e l’intera foglia può accortarciarsi e seccare. La malattia è trasmessa dal seme, ma il fungo può anche sopravvivere da una stagione all’altra nei residui in campo. La malattia si può controllare usando seme sano, la concia del seme ha un valore limitato dato che il micelio del fungo è all’interno. È bene sovesciare i residui in profondità e non coltivare il pisello su quell’appezzamento per almeno 3 anni.
Il Fusarium oxysporum pisi, fungo terricolo può causare marciumi delle piante.
Sintomi: ingiallimento delle foglie inferiori, crescita stentata ed arricciamento a doccia e piegatura verso il basso, specie con temperature elevate. Le piante attaccate dall’inizio possono morire o non produrrre seme, se l’infezione è tardiva si ha la produzione di baccelli mezzi vuoti. La malattia può essere controllata soltanto impiegando varietà resistenti che sono disponibili in commercio.
Marciumi dei germogli e delle piantine provocati da Pythium debaryanum e P. ultimum. la malattia si sviluppa maggiormente in semine precoci e con tempo freddo e umido. La concia del seme è utile per controllare questa patologia. Altre malattie da funghi sono le seguenti: Botrytys cinerea, Erysyphe polygoni, Septoria pisi, Uromyces pisi ecc.
Tra le batteriosi ricordiamo quella provocata da Pseudomonas pisi, i sintomi sono presenti su fusti, foglie e baccelli macchi slavate verde oliva o bruno-rossastre.  Le infezioni sui baccelli provocano lesioni a macchia d’olio con fuoriuscita di un liquido giallastro; i baccelli si imbruniscono, si spaccano e l’infezione si trasmette ai grani. Il batterio sopravvive durante l’inverno nel seme, il controllo può avvenire usando semi non infetti o mettendo la coltura in rotazione.
Tra i virus, citiamo il giallume apicale, il mosaico comune.
Tra gli insetti:
Acyrthosiphon pisum. È un afide che attacca foglie giovani, fiori e baccelli. Oltre ai danni diretti causati questo afide è un vettore di virus.
Laspeyresia nigricana. Tortricide dei semi di pisello. Vive allo stato di larva nei baccelli a spese dei semi senza che dall’esterno ci si renda conto dell’attacco. Le alrve nascono dalle uova deposte sui sepali. L’insetto sverna nel terreno.
Bruchus pisorum. È il coleottero che provoca i danni maggiori ed è certamente il pericolo più serio. L’insetto adulto depone le uova sui baccelli quando i semi sono immaturi. La larva uscita dall’uovo buca il seme, in via di formazione, e mangia l’interno. L’insetto può svernare da adulto dentro al seme ed uscire in primavera attraverso la galleria scavata dalla larva.    


Ricette 

 Bibliografia
Coltivazioni Erbacee - Remigio Baldoni, Luigi Giardini. Pàtron Editore.
Orto e dintorni- Il pisello nell'orto e in cucina. Terra Trentina 3/2009
Biotipico di Puglia. Le colture erbacee: leguminose. Linee guida per la coltivazione delle leguminose secondo il metodo dell'agricoltura biologica.  



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